epidemie covid e sars

La comunicazione, i tempi di risposta e le strutture ospedaliere sono sotto i riflettori quando scatta un allarme pandemia.

Anche perchè, nei primi due decenni del Terzo millennio, le notizie viaggiano come e più di un virus, creando un panorama complicato da gestire sia per gli operatori sanitari sia per la popolazione.

Così è difficile “contenere” e separare l’informazione corretta dalla disinformazione ma anche dalla over informazione, o peggio dalle fake news.

Le informazioni ufficiali, i notiziari e le teorie della cospirazione, nel racconto di questo inedito allarme sanitario, chiamato Covid-2019, che interessa tutto il globo, si sono moltiplicate a un ritmo tale che nessuno è più sicuro di ciò che è vero rispetto a ciò che non lo è.

Oltrettutto, l’incertezza su quando e dove il virus ha colpito per la prima volta – cosa non affatto anomala – ha ahinoi fornito l’alibi ai teorici della cospirazione nel formulare una narrativa alternativa.

E cioè che all’interno del Wuhan Institute of Virology si fosse creato il coronavirus – che l’International Committee on taxonomy of viruses (Ictv) ha classificato ufficialmente col nome di Sars-Cov-2 – come arma biologica.

Fatto assolutamente smentito dagli scienziati che conoscono bene sia la storia delle epidemie sia i salti di specie virali che si verificano periodicamente.

E così, al tempo dei social, tra le misure cruciali da adottare per il futuro ci sarà anche quella di fermare la diffusione della mala-informazione, come ha detto il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus «questo è il momento della scienza, non delle voci».

Allora con i dati scientifici e le esperienze delle precedenti malattie infettive che hanno interessato questo secolo, vediamo cosa abbiamo imparato e come possiamo evitare di ripetere gli stessi errori.

Il precedente

L’epidemia di Covid-2019 è stata spesso confrontata con lo scoppio della Sars (sindrome respiratoria acuta grave), causata anch’essa da un coronavirus, che ha posto le basi per capire se la risposta a una pandemia globale stesse nella difesa dei confini o nel migliorare il coordinamento internazionale per facilitare la tracciabilità e il controllo della diffusione della malattia.

Anche allora è successo tutto in fretta e il virus era una “scatola nera”. Sin dall’inizio c’erano pochissime informazioni. Il primo caso si è verificato nel novembre 2002, ma l’Oms fino al marzo 2003 non l’ha definita una crisi sanitaria globale.

A quel punto centinaia di persone esposte al virus sono state messe in quarantena nelle loro abitazioni, sono scattati i controlli negli aeroporti e si è alzata la vigilanza degli operatori sanitari.A metà estate molti dei paesi interessati dall’epidemia sono stati dichiarati liberi dalla Sars.

E oggi l’infezione può esistere ancora negli animali, ma non circola nell’uomo.

Ovvio chiedersi se il successo che si è ottenuto con il controllo della Sars possa ripetersi anche con questo nuovo coronavirus. Va detto che la sindrome respiratoria acuta grave era in qualche modo più facile da contenere.

Le persone infette asintomatiche o con sintomi lievi non trasmettevano infatti la malattia, per cui è stato più semplice mettere in quarantena solo chi mostrava sintomi evidenti, come la febbre. In una retrospettiva dell’Oms del 2006 si legge che «se i casi di Sars fossero stati infettivi prima della comparsa dei sintomi, la malattia sarebbe stata molto più difficile, forse addirittura impossibile, da tenere sotto controllo».

Altro dato: con la Sars, erano stati segnalati 305 casi di «polmonite atipica» nei primi 135 giorni; al contrario, nei primi 30 giorni da quando è stato riportato il primo caso di Covid-2019 lo scorso dicembre, ci sono stati 7.921 casi confermati. A differenza della Sars, però, ci sono molte più informazioni su questo nuovo coronavirus.

I ricercatori sono stati in grado di sequenziarne il genoma, fondamentale per lo sviluppo di un vaccino, oltre a fornire informazioni su quando è nato e come sta mutando il virus.

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Le Guide, Coronavirus - 20 Marzo 2020

pagine 12-16

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