L’alfabeto delle varianti Covid

Ce lo ha composto da Giuseppe Portella, che è professore ordinario e direttore del Laboratorio di Virologia del Policlinico Federico II di Napoli.

L’esperto per mezzo di tamponi identifica la mutazione SarsCoV-2: ha finito per trovarne una mai stata descritta prima.

A sta per Alfa.

Nel Regno Unito, è la più contaggiosa. Occupa infatti il primo posto assoluto nei contagi e continua a diffondersi in Italia, ma i casi sono meno.

B sta per Beta.

Questo è un ceppo trovato in Sud Africa che può eludere parzialmente gli anticorpi monoclonali utilizzati nei trattamenti e nei vaccini.

C si riferisce a California.

Ha una mutazione in comune con la variante Delta.

Veniamo a d. Qual è la differenza con la variante Delta?

“Delta” mostra tre cambiamenti chiave nella sequenza del genoma che codifica per la proteina Spike: una mutazione già esistente nel ceppo California conferisce resistenza agli anticorpi monoclonali; l’altra aumenta la possibilità di produzione di particelle virali e di infezione.

Poi arriva la variante Gamma.

Originata in Brasile, può essere più contagiosa e portare al rischio di reinfezione perché può eludere gli anticorpi prodotti dal vaccino. Ma i casi sono stabili: circa il 7% in Italia.

E la variante Kappa?

È simile a ‘Delta’. Da maggio a oggi, le varianti indiane sono passate dal 4% del totale al 20%: diventeranno presto popolari, proprio come nel Regno Unito. E c’è già un’altra forma in circolazione.

Quale?

In Gujarat, una variante con tre diverse mutazioni: T478K, che permette al virus di fuoriuscire dall’anticorpo; L452R, che esiste in altri ceppi studiati, Iota ed Epsilon; E484K tipico di Eta, Zeta, Pl (noto come Brasile) e Beta (Sud Africa).

Sono chiamate varianti perché modificano la sequenza del genoma.

Come?

Anche la sostituzione di un singolo amminoacido che costituisce una proteina virale influenzerà il decorso della malattia e dell’infezione”. L’analisi del codice genetico del virus aiuta a prevedere l’andamento di una pandemia? Questi dati forniscono segnali epidemiologici. Tuttavia, per determinare se la nuova variante può sfuggire agli anticorpi ed essere più infettiva sono necessari studi di laboratorio in vitro. Come scegliete i campioni da sequenziare?

All’inizio si basava su comportamenti clinici specifici o sulla provenienza geografica. Poi c’era la necessità di incrementare le attività per soddisfare le esigenze epidemiologiche.

La Campania ha un programma finanziato dalla Regione che ha inserito nel database Gisaid quasi 20.000 sequenze.

Circa la metà sono in Italia. Tra questi c’è una variante di Corradina.

La sua scoperta.

I colleghi della Federico II sono stati isolati per diversi mesi in un paziente immunodepresso positivo al virus. Modifica il gene ORF3, e le sue osservazioni possono migliorare la gestione delle infezioni più fragili e incurabili.

Perché si chiama così?

Conrad di Svevia, ultimo discendente di Federico II, ebbe una tragica fine. A 16 anni.

Ha isolato per la prima volta anche la variante nigeriana in Italia. Questa variante, ora chiamata Eta, causa l’1,2% dei contagi.

Ce ne sono altri in circolazione?

Ce ne sono così tanti che devono essere divisi in tre gruppi in base all’impatto.

Perché alcune si diffonderanno, altri no?

Tutti questi rappresentano tentativi di adattamento al virus e solo alcuni hanno caratteristiche che vengono loro imposte.

Il vaccino è ancora efficace?

Il vaccino rallenta la diffusione del virus e rallentare la diffusione del virus significa ridurre la possibilità di altre mutazioni.

Articolo scritto da Marco Testa

Fonte:

Quotidiano: Il Messaggero, uscita del 08/07/2021 inserto speciale “MoltoSalute” 

(pagina 5 Articolo “L’alfabeto delle varianti“)


Data di pubblicazione : 10/10/20 alle 20:00,

Data ultimo aggiornamento: 21/08/21 alle 9:35


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